Diversi sono i miei lavori. Alcuni conclusi, altri ancora in corso d'opera, altri in procinto di vedere la luce, altri, ancora, piccoli embrioni, tracce di vita, semplici concetti che attendono, pazienti, di trovare un seguito, un'identità più strutturata. Molti di essi rimarranno però quel che sono: idee fugaci, semplici meteore apparse in un batter d'occhi ed altrettanto inavvertitamente svanite nel nero di un infinito big bang di pensieri.

venerdì 1 gennaio 2010

CAMOLA CON VISTA #001

Sonnecchio e mi approprio di un altro apatico momento di tedio. Mi nascondo nel silenzio del mattino. Mi arrotolo tra le lenzuola sgualcite, come postumi di un sogno ubriaco di refusi. Ma il sole mi si spara tra le palpebre, scolorendo le tenebre impietosamente, insistentemente. Inutilmente mi giro di spalle. Ormai il sogno è solo parte di una ipotesi stralciata dal mio presente. Ero bello, figo e alto, forse ero pure ricco, in mezzo a tante donne, belle donne, avvolto dalle braccia di sirene nelle acque basse di un atollo ai Caraibi. Invece, guardandomi allo specchio vedo un cencio, la pelle conciata dal sole, stropicciata dalle rughe collezionate in tanti anni di inutile lavoro, smagrita dalla stanchezza consumata tra i vermi. Piccoli, fetidi, mollicci bigatti, senza testa né coda, che sudano collose sostanze, spurgano la loro agonia e si contorcono isterici nei sacchetti dei miei clienti.
I miei clienti. Li vedi allontanarsi con la canna da pesca in una mano e nell'altra un sacchetto gonfio di tanta futile vita. Sembra che vadano allegramente in giro con il loro cervello impugnato ben stretto in un sacchetto da freezer, brulicante di inutili quesiti. Ogni tanto lo osservano, soddisfatti e divertiti, con sadica leggerezza. Non hanno pietà del loro cervello. E perché? Intanto da lì a poco verrà infilzato su un amo di 16, per la gioia di una trota illusa di aver trovato un pasto facile, o peggio, lanciato come pastura affondando i suoi stupidi pensieri a mollo nell'acqua stantia di un laghetto artificiale. E tutto questo anche loro lo fanno per appropriarsi di un altro apatico momento di tedio. Maledetti vermi. Maledetti sogni. Maledetto Musakà. Eppure dovrei saperlo che non digerisco le melanzane. Alla sera poi!
Va bene mi alzo. Anche oggi mi alzo e vado a setacciare bigatti, bianchi, rossi, neri, patriottici. Immolati per una giusta causa: alimentare l'allegra demenza di un omino seduto su un treppiede in riva ad un corso d'acqua, convinto che tirar su esseri con un cervello più piccolo del loro alluce lo riavvicini alla natura.
Va bene mi alzo. Si ricomincia, come il mio piccolo criceto nella sua ruota. Ogni tanto la fa girare per rompere la monotonia di un'altra giornata passata tra i trucioli, rosicchiando legnosi croccanti intervalli. Chissà che pensa un criceto? Lo guardo di sbieco laggiù a fianco della credenza. Gonfio come un otre, svaccato sulle sue zampine glabre mentre annusa l'aria:
- Ehi Cosa pensi Bolso ... a che stai pensando! inutile roditore.
Chissà quanti vermi ci vogliono per fare il suo cervello.
Va bene mi alzo. E' proprio tardi. Non posso rimandare. E' inevitabile, prima o poi lo devo fare. Vado alla finestra e lascio entrare il sole nella mio piccolo tugurio di rimorsi, nella mia piccola, caotica, introversa camola con vista.

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