Diversi sono i miei lavori. Alcuni conclusi, altri ancora in corso d'opera, altri in procinto di vedere la luce, altri, ancora, piccoli embrioni, tracce di vita, semplici concetti che attendono, pazienti, di trovare un seguito, un'identità più strutturata. Molti di essi rimarranno però quel che sono: idee fugaci, semplici meteore apparse in un batter d'occhi ed altrettanto inavvertitamente svanite nel nero di un infinito big bang di pensieri.

venerdì 27 agosto 2010

parole parole parole - FUGA DA FACEBOOK


(capitolo soppresso di bacomentale)

Un pacchetto di patatine di McDonald unto allunga le sue impronte sullo schermo. La birra sgasata ostenta a fatica qualche spenta bollicina.

La mia faccia ronfa sui tasti della F e della V in un respiro strozzato dai polmoni schiacciati sulla tastiera del notebook.

Sono le undici e cinquantaquattro. Le ventitre e cinquattaquattro, Le sei a mezzanotte. Il tempo ancora resiste ed il telefono squilla, insiste.

Squilla ancora. Anzi a dir il vero gracchia i sogni porno di Axel Rose:

"Take me down to the paradise city where the grass is green an’ the girls are pretty … I want to please take me ooooon"

-Pronto

-Pronto Vecchio …

-Chi è? … che ore sono?

-Cazzo Vecchio ti stiamo aspettando al Tennets da almeno un'ora cosa fai? Ci sei o dai buca?

-Merda … Artista mi sono addormentato ...C’ho avuto un crollo! Mi sono intrippato con Facebook

-Dai … ma sentiti sei un cencio

-Mi passi a prendere?

-Si va bene ... Dai … siamo lì tra mezzora … ma non ti ingubbiare di nuovo.

Eppure noi eravamo anche prima di Feisbuk.Non si scappa da questo fatto. Non è un’opinione. Siamo cresciuti sbucciandoci le ginocchia, urlando di dolore per la caduta dei denti da latte, per il primo “no” da verdi sedani innamorati. Ci siamo rotolati prima sul lettone tra mamma e papà, poi su quello di sabbia e sale, nudi e vogliosi, leccando le sensazioni calde del corpo in calore. Innegabili emozioni, brividi di piacere, estatiche percezioni, ruvide, ematiche, tachicardiche.

Ci siamo incattiviti delle bocche rifiutate, delle amicizie indesiderate, dei torti subiti e mai vendicati, delle botte prese in risse mocciose nel campetto da calcio dietro la scuola. Ci siamo scoperti a corteggiare il culo di femmine acerbe sparandogli stucco dalle cerbottane. Ci siamo cagati sotto bussando il muso sul cemento, atterrati da disarticolate acrobazie in mountain bike. Ci siamo vestiti di bandane col sollevante per tenere al riparo la nostra personalità dalle divise severe dell’educazione dei nostri vecchi. Ci siamo persi a intubarci il cervello di canne, emulando i Doors per sfanculare chi ci voleva negare il diritto ai sogni, all’irresponsabilità, al presente.

Noi eravamo anche prima di Feisbuk, ammalati del raffreddore o del morbillo, dell’amore, o del nostro pisello.

Feisbuk, invece, è come un virus impenitente che ti rode il cervello, ti consuma le idee, ti strizza l'occhio con amicizie improbabili; esonda la tua coscienza in un vociferare caotico, che amalgama il silenzio a tua immagine e somiglianza. Ompeig, bachecche, profili borderline senza futuro, che hanno voglia di raccontare senza aver nulla da dire. Identità del presente per il presente, per il consumo immediato, come variopinte anime di lecca lecca.Tanta sporcizia che potresti eliminare con un clic sul pulsante giusto, ma che inesorabilmente lasci lì a sedimentare. Perché la cosa ti fa sentire bene. Non sei più solo, nel tuo stanzino, tra quattro mura, al buio con la tapparella chiusa.

FB Ti fa arenare in un porto melmoso ed instabile. Ma quantomeno ti fa approdare. Ti fa uscire dall'oceano in tempesta di una realtà che ti etichetta come disperato, disadattato, emarginato o quanto meno come un nessuno, un nessuno qualunque.

E allora perché la "Fuga da Facebook". A cosa serve? da cosa si fugge?

Feisbuk rompe gli argini ma non ti abbandona in mare aperto.Ti fa defluire in una piccola pozza di acqua stagnante, tranquilla, rassicurante, galleggiando tra mille parole con la tua paperella. Poi ogni tanto ti spinge un'onda, per bagnarti di sensazioni che paiono forti, estreme, impudiche, per sedare il tuo piccolo timoroso, fragile bisogno di protagonismo. Così quand'è troppo, corri di nuovo sulla tua bache(c)ca, al sicuro, ovattando il pericolo, impaurito dalle emozioni forti.

Perché feisbuk ti rassicura, togliendoti dalla costrizione di vivere, da solo, anche i momenti più duri del quotidiano; da solo, senza ripari, senza sbucciature, senza lividi rigonfi sugli occhi, senza labbra spaccate, senza il corpo di una donna che ti veste di un amniotico sentimento di genesi, che ti droga del suo bisogno, lo abbandona alle tue cure, lo diluisce nel tuo ego, lo fa tuo.

E’ troppo! E’ Insostenibile! Ora si parla con uno schermo, che non ti costringe ad accettare critiche, rifiuti, bullismi, agorafobie. Il pulsante ESC è sempre lì, a portata di dito, ad enfatizzare un approccio ipocondriaco alla vita. Gli incontri si fanno in chat, senza il nudo primordiale linguaggio del corpo. Se poi hai coraggio la guardi in HDMI parlare asettica, senza il suo alito a sporcarti i pensieri, senza il suo tocco impuro a provocarti reazioni forti, cloroformizzando l’incontrollabile; senza il bisogno di abbracciarla per consolarla incoraggiarla, sostenerla. Semmai gli mando una faccina o un bacio sulla webcam.

Ora si vive nei social network, contenitori catalizzatori per psicotici associali.

Ora il mio più caro affettuoso nemico è FB. Inconsciamente consapevole lo vivo in un ossimoro, mentre mi disidrata le opinioni, le rinsecchisce come fagioli in attesa della primavera, li confeziona in sintetici post arricchiti di link e simpatici poke.

E nemmeno mi rendo conto di essere immerso in un brodo di formaldeide, scomposto in un immenso, lunghissimo, farraginoso codice binario. Un DNA fatto di bit.

E pensare che quando ero piccolo giocavo sull’asfalto con le biglie di vetro.

Giocavo con la fionda a tirar pietre al culo dell’asino del vicino, che scattava al trotto in una ballonzolante scarpinata su per le mulattiere sterrate tra gli uliveti e la terra rossa, in una Grecia di miserie, nobili di storia. Per alcuni, anzi per molti, invece, FaBo non è altro che essere sé stessi, quando non si ha più il coraggio di dichiararlo, quando si è stanchi di sentirselo rinnegare. Gruppi, pagine pub(bl)iche, fan dei fan, che fan di tutto per esser qualcuno. E lo ammetto. Ci sono anch'io tra quelli. Ci sono cascato, con tutto il mio passato, tutto il mio vissuto. Piccolo becero bacomentale.

Ho ceduto alla paura di vivere, piccolo rinsecchito fagiolo borlotto.

Così butto tutto lì; come avrebbe detto mio padre con la stilo in mano: butto tutto nero su bianco. Tutte le mie scorie, ambizioni, perversioni, debolezze, verità e fantasie. Parlo con me stesso e mi sento un divo; mi posto, mi commento, mi critico e, a volte, mi mando pure a fa'n culo. Così, per farmi compagnia.

Poi, quando ancora non mi basta, REFRESH REFRESH REFRESH

Dai ma va! guarda qualcuno mi legge!

"A Chiccha Sarzi piace questo elemento"

E che elemento sono? Beh se lo dice lei son figo!

Ma si dai, faccio un giro sulla sua bacheca, ci evacuo un moccolo di pensiero e vediamo che magari non si dica qualcosa di diverso.

POKE :-)E questa invece? Chi è sta qui? Che cazzo vuole? Cosa vuol dire due-punti trattino parentesi chiusa? Cazzo ti costa un sorriso!? Fotografami un sorriso! Vai su internet scaricamene uno! Cercami in chat! Parliamone...

Anzi no. In chat no! Poi iniziano le domande insistenti:di dove sei, cosa fai, come mai! Che coglioni!

Lui lì, invece, nella vita fa il becchino ma ha 13mila contatti ... cazzo s'è tosto! o no? Magari son tutti zombi! Forse è un friendhunter, uno di quelli che fagocita amicizie; come dice la Ghiselli: un bulimico di contatti. E magari ha paura di rispondere al telefonino se gli compare sullo schermo la scritta "Anonimo". Beh col lavoro che fa!

Feisbuk è così: inizia col rubarti le pause in una giornata piena e finisce per lasciarti della pause in una giornata vuota!

Come la bottiglia di vodka! Come la canna di marja! "NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE"? Se esageri … Eppure, inutile negarlo, anche in mezzo alla giungla dei Guns'n'Roses non ti fa sentire solo ... solo ... solo ... Questa è la verità.

Il terrore della solitudine annebbia l'obbiettività dell'homo mediaticus.

FB non ti proibisce nulla, nemmeno di parlar male di lui, di lei (di che sesso sarà?) ... e così ti conquista. Ti droga. E dopo un po' nemmeno ti accorgi di pronunciare frasi insulse del tipo:

“Una intera mezz'ora di traffico nella City e mi son perso una vita di post; devo abilitarlo sul telefonino; non si può andare avanti così!”

Poi arrivi a casa, accendi il pc col pensiero che ansima ancora su per le scale ...

Ma quanto ci mette!

Guardi le notifiche come un broker di Wall Street. C’è chi scende e chi sale. Come un titolo in borsa il valore di ogni nickname è legato al suo share.

FB è il terreno del messaggio veloce, terra di conquista per aforismisti di primo pelo. Tutto pur di stuzzicare l’interesse del momento.

Ad esempio il Pavlidis ... ma come fa?

Che cervello!

Bella questa:"La carne è debole, specie sotto forma di ragù"

dopo pochi secondi a 15 persone già “piace questo elemento”.

Sembra che stiano tutti li ansimando con la lingua fuori dalla bocca, scodinzolando la loro frenetica attesa. Vogliono l’osso. Aspettano buoni buoni sull’uscio di casa. Aspettano il loro boccone di protagonismo dozzinale. E così anch’io, piccolo becero bacomentale. Anch'io sebbene consapevole, rispondo ... perché ne ho bisogno:

"Per rispondere al maestro Pavlidis ... questa è trita e ritrita!"

Nessun commento: