Diversi sono i miei lavori. Alcuni conclusi, altri ancora in corso d'opera, altri in procinto di vedere la luce, altri, ancora, piccoli embrioni, tracce di vita, semplici concetti che attendono, pazienti, di trovare un seguito, un'identità più strutturata. Molti di essi rimarranno però quel che sono: idee fugaci, semplici meteore apparse in un batter d'occhi ed altrettanto inavvertitamente svanite nel nero di un infinito big bang di pensieri.

il pieno è vuoto

La seconda puntata della trilogia di racconti noir di "Turbative di coscienza" "Il pieno è vuoto - la parola agli assenti" è una forma di non-seguito di KILL FEEL. Entrambi fanno parte di una trilogia di racconti disgiunti eppure accomunati in modo particolare, da richiami reciproci, tematiche e analisi dei personaggi. Un intenso rapporto familiare in bilico tra la vita e la morte. Quando il vuoto sta per riempirsi il pieno si svuota dei segreti mai detti.


www.ilmiolibro.it                    www.lulu.com







DI SEGUITO LE RECENSIONI
DI CHI L'HA GIA' LETTO




Cristina Bove (poetessa)
Ho cominciato a leggere “Il pieno è vuoto” di Pietro Giuseppe Mavrulis, in maniera un po’ curiosa: l'incipit mi attraeva e respingeva contemporaneamente. L’aspetto poetico mi ha coinvolto subito, la scena dell’inizio un po’ meno. Mi sono chiesta da che dipendesse, e solo proseguendo la lettura ho compreso. Quando leggo, di solito mi accorgo di immedesimarmi nel protagonista, ma in questo caso non ho potuto farlo, sia per le circostanze in cui si svolge la vicenda, che per le caratterizzazioni specifiche dei  personaggi. In un insieme di sentimenti contrastanti, per la verità, ma anche catturata dai risvolti psicologici che Mavrulis sa bene evidenziare, e in qualche modo piacevolmente sorpresa dai flashback abilmente correlati,  ho continuato a leggere fino all’epilogo. La storia ha in sé elementi realistici, inverati dall’Autore con sapiente abilità. Da un’ambientazione relativamente essenziale si passa ad altre marginali o lontane nel tempo ma non per questo meno vivide, rilevanti, e rivelanti l’impossibilità di dimenticare. Si viene coinvolti allora dal pensiero manifesto dei due principali attori della storia, si entra in sintonia con tempi e luoghi e drammaticità dei vissuti. Difficile condividere scelte, ma anche difficile negarne la specificità e il realismo che le generano. Tempi nostri, ma forse tempi di sempre, da quando gli esseri umani soggiacciono alle pulsioni vitali, o si arroccano in posizioni psicologiche di rifiuto, assunte a difesa dell’io. Che poi si innestino altre vite, altre storie, in un contesto in cui tutto sembra possibile, e l’Autore  in questo è davvero abilissimo a trasmettere il sapore dell’autenticità, diventa di primaria importanza. Ci si sofferma anche su particolari scabrosi che, è chiaro, non sono voluti per sollecitare interessi morbosi, ma sono irrinunciabili in quanto rivestono grande importanza ai fini della storia.e della sua autenticità. I tempi, ribadisco, sono quelli odierni, con tutte le discordanze e i malesseri, le devianze, la caduta di ideali, e l’assenza di appigli per future speranze che ne deriva. Il contrasto delle generazioni è più che mai evidente. L’incomprensione si instaura su presupposti reali e ineludibili. Gli esiti di questa distonia che ormai divide e scompone gli animi, che conduce ad eccessi e ad autolesionismo, sono sotto gli occhi di tutti, ci manca solo il coraggio di ammetterlo con la necessaria lucidità a noi stessi. Pietro Giuseppe Mavrulis riesce a farlo. E molto, molto bene.
Roberto Ferri (cantautore)
Siamo dei “contenitori” che vengono riempiti e che lasciamo riempire, secondo caso e secondo necessità. L’ossimoro ci porta a considerazioni manichee: il bene e il male, la vita e la morte, o modernamente cibernetiche, matematiche (il più e il meno),psicoanalitiche (l’IO e l’ES) shakespeariane (to be or not to be),fisiche (materia-antimateria). Il dilemma è insito nel DNA e allora se questo, che suona tanto di predestinazione, è il dilemma, come uscirne,come cambiare una “vita che non si è scelta”? Inventandosene un’altra ,a questo serve la poesia, l’arte compensa ciò che la vita non dà. Il racconto, il racconto fatto a se stessi, come nonni di noi bambini che abbiamo visto sempre più allontanarsi una vita immaginata, una vita che avevamo riempito di tutte le gratificazioni richieste dai nostri bisogni di bambini illusi. Abbiamo riempito quel “contenitore” di desideri che la vita egoisticamente svuotava ad ogni piè sospinto e che l’arte , il racconto, compensavano. La vita toglie la vita dà e noi in mezzo a questo ondeggiare con il salvagente lanciatoci da qualcuno al quale la nostra immaginazione attribuisce nomi ed aspetti diversi secondo richiesta e convenienza, fino ad immaginarlo anche vuoto. Un UNIVERSO così pieno che basta un BUCO NERO per svuotarlo.
Daniela Airoldi (attrice)
Finalmente l'ho letto. Tutto d'un fiato, perché' non si puo' smettere di leggerlo. Io almeno non ci sono riuscita. Non sono riuscita ad interrompere questo pugno nello stomaco che ho sentito dall'inizio fin alla fine del libro, con questo linguaggio cosi' "vuoto" o meglio svuotato di ogni orpello e di tutto ciò che è superfluo, diretto come solo un pugno nello stomaco può esserlo. Dolorosamente bello!